Ma tu perché vuoi rimanere vivo?
Fin da piccolissimi, i bambini si pongono domande radicali; le pongono a se stessi interrogando anzitutto i propri adulti di riferimento. La loro tenera età può intimorire, può indurre a credere che non sia il caso di affrontare con loro un certo tipo di argomenti dai quali piuttosto andrebbero protetti il più a lungo possibile; primo fra tutti l’esperienza della morte.
Si resta senza fiato quando un bambino ci pone domande quali: perché dobbiamo morire? Quando? Dovrai morire anche tu? Che senso ha allora nascere? Per lo più, non troviamo parole per ribattere.
Nell’imbarazzo capita di liquidare in modo consolatorio o frettoloso tali questioni, cercando di spostare il discorso e di rimandarlo ad un generico futuro in cui al bambino sarà possibile capire. Ci si può anche sentire inadeguati, pensando di delegare ad altre istituzioni (chiesa, scuola,…) questo genere di riflessioni.
Ma non è di risposte pronte ciò di cui i bambini hanno principalmente bisogno, piuttosto di uno spazio relazionale significativo in cui sentirsi ospitati e legittimati nel loro intimo cercare, piano piano, le loro personali piste di spiegazioni. Ciò non toglie nulla della difficoltà che questo comporta, anzi, il compito dell’adulto, in assenza di “risposte giuste”, risulta ancor più delicato e impegnativo.
In tutto ciò, cosa ci può aiutare?
Come ci ricorda Silvia Vecchini:
[…] la lettura condivisa […] consente di entrare in quel sistema complesso, sottile e sfuggente che sono le elaborazioni del pensiero infantile di fronte alle grandi domande di senso.
[…]
Gli albi illustrati(picture book): un libro che usa parole, immagini e grafica per raccontare una storia. Non è semplicemente un libro che […] [p]ossono esplorare una dimensione che di per sé può apparire anche rischiosa, spaventosa vista la portata dei grandi interrogativi che solleva […].
da “Una frescura al centro del petto“, Silvia Vecchini, Topipittori 2019.
Nella relazione adulto-bambino, un buon albo illustrato può essere un grande mediatore utile a dare voce e forma a ciò che di innominabile si agita nell’intimo, dell’uno e dell’altro.
Nel marzo 2020 è uscito per Albe edizioni “Come neve al sole”, scritto da Elide Fumagalli ed illustrato da Elvezia Cavagna, un albo in cui è centrale l’esperienza ineluttabile della fine.
Durante l’inverno tre bambini costruiscono un pupazzo di neve. Ci si dedicano con premura e il pupazzo comincia così ad esistere. Stringe amicizia con un uccellino curioso e riflessivo. Pupazzo sa bene che la sua vita è fragile e per questo, determinato a sopravvivere alla fine dell’inverno, si prodiga nel tentativo di “restare in forma”: fa esercizio fisico, prova ad immaginare dei modi per farsi trasportare in luoghi freddi, ragiona su possibili strategie per conservarsi.
Uccellino fa da specchio ai suoi pensieri e lo aiuta nel ragionare, mettendo in luce gli aspetti critici dei suoi progetti. Scartate così tutta una serie di opzioni non percorribili, ne resta solamente una: per Pupazzo l’unico modo per non sciogliersi sarebbe quello di trasformare il suo cuore in un pezzo di ghiaccio, insensibile al calore dei sentimenti così come a quello del sole:
“[…] se ti sforzi un po’ a non amare, non vorrai bene a nulla e nessuno;
il tuo cuore diventerà di ghiaccio e tu non ti scioglierai”.
Ma che senso avrebbe vivere così se ciò che della vita si ama è proprio ciò che si sarebbe costretti a sacrificare?
Perché vuoi rimanere vivo?, chiede Uccellino a Pupazzo. E questa domanda risuona in ciascuno di noi.
La scelta di Pupazzo sarà quella di restare fedele a se stesso, di non rinunciare agli affetti e dunque di accettare la sua finitudine.
Nel libro, i testi sono molto delicati ma non criptici, è evidente quello che sta succedendo; le illustrazioni, in cui predominano i toni del bianco, del marrone e dell’azzurro, sono sfumate, ovattate, trasmettono un senso di silenzio e attesa, proprio come farebbe una coltre di neve che ricopra tutte le cose.
Pupazzo in fine si scioglie, perde occhi, bocca, braccia, diventa acqua. Uccellino gli resta accanto fino all’ultimo, chiedendosi se anche senza occhi e senza bocca il suo amico potrà ancora vedere e parlare. Chissà.
La pozza d’acqua che resta al posto di Pupazzo bagna ora il suolo da cui a primavera spunteranno nuovi fiori, ricominciando il ciclo della vita e delle stagioni. Uccellino, nel risguardo finale, spicca il volo, sollevando dietro di sé tante goccioline scintillanti.
“Come neve al sole” non dà risposte, pone dei fatti ma non spiega il perché debbano accadere. Per questo, oso pensare che sia un libro capace di aprire quello “spazio ospitale” di cui ci ha parlato Silvia Vecchini, in cui adulto e bambino possano sostare per cercare. Insieme.
Segnalato per la lettura dai cinque anni.