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Il fiume è un campo di pallone | Quando le storie lette ad alta voce ti salvano la vita

di Alessandra Testa

Siamo tutti pieni di gioia e di tristezza. E Antonio Ferrara detto “Nino”, lo scrittore e illustratore napoletano che nel 2012 si aggiudicò il Premio Andersen con Io ero cattivo, questa apparente contraddizione la sa trasmettere davvero bene. Ogni adolescente può ritrovarsi tra le pagine de Il fiume è un campo di pallone. E non importa se Kato, il protagonista, vive a Dakar, è orfano, dorme in una baracca e per sbarcare il lunario ha scelto di raccontare storie ad alta voce. Anche se, forse, rubare sarebbe stato molto più facile.

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In certe vite ci si immedesima subito. Soprattuto se la distanza, l’impossibilità che quella esistenza sia proprio la tua per coordinate geografiche e innanzitutto per puro caso, è azzerata da una narrazione semplice e schietta. Con frasi brevi e pochissime virgole.

Kato non potresti essere mai tu, ma in fondo, caro ragazzino che leggi, lo sei eccome. Per la paura e la rabbia che provi. Per la incontenibile gioia che ti regalano certe partite di pallone e per quella compagna di scuola bellissima che, non ci puoi credere, guarda proprio te.

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Aver lavorato coi bambini ha senz’altro forgiato la scrittura di Ferrara che non è la prima volta che dà voce ai desideri dei più giovani. In particolare, quelli meno fortunati (Ferrara ha lavorato per sette anni in una comunità alloggio per minori) che, molto spesso, in fatto di sensibilità, empatia, generosità e voli pindarici, sono più fortunati di altri. Quelli da cui – e la letteratura serve anche a questo (basti pensare al povero Oliver Twist di Dickens – trarre esempio.

«Per strada sotto la casa con la persiana verde a volte sentivo rumore di tamburo. Passavo di là per andare al bar, e davanti al bar facevo finta di leggere, anche se non sapevo leggere. Parlavo a voce alta con il libro in mano, parlavo e facevo pure i gesti, muovevo le braccia su e giù, che le parole non bastavano. Facevo finta di leggere e quelli ci credevano, e in cambio mi davano un bicchiere di latte o un bel panino».

Kato, tredici anni, racconta storie tutti i giorni in Senegal. E se non sai leggere non è facile, perché ogni volta – spiega – devi attingere alla tua inventiva, essere convincente.

Kato ha un solo libro e dentro, come segnalibro, ci ha infilato l’unica foto, per giunta scolorita, che possiede della sua defunta madre. È immortalata di spalle e, per questo, Kato, gira spesso la foto sull’altro lato nella speranza di riconoscerne il volto. Volto che, ovviamente, non c’è. «Forse era morta così, mia madre, schiacciata da tutte quelle parole», è la poetica frase con cui l’autore, e siamo solo al primo capitolo, descrive le emozioni del protagonista.

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Dai colori caldi e avvolgenti come l’Africa – di cui i teenagers dovrebbero leggere anche Certi fiori stanno all’ombra (Einaudi), Batti il muro (Rizzoli), Pane arabo a merenda (Falzea), Mangiare la paura, storia di un ragazzo kamikaze (Piemme) e Mia (Settenove) – Il fiume è un campo di pallone è un riuscito amalgama di fatica di vivere, musica, sentimento e sogni.

L’amore di Kato si chiama Aina, una coetanea la cui vitalità splende e straborda dagli abiti fiorati nonostante gli abusi di un adulto senza scrupoli. È Aina che insegna a leggere a Kato, permettendogli finalmente di dare un’anima alle sue letture. E poi c’è lui, l’allenatore della squadra di calcio, che per un ragazzo senza punti di rifermento diventa quasi un padre. E come un padre si comporterà.

«Era una testa dura, il Mister, e sapevamo che col pallone voleva aggiustare i bambini rotti, provare a ripararli».

Di Kato sappiamo solo che è orfano, ma non conosciamo la sua storia. Lo troviamo già lì a decidere di non vivere di espedienti sbagliati. Forse è uno dei tanti bambini che hanno perso la famiglia dopo il terribile nubifragio che nel 2002 ha colpito alcune regioni del Senegal. Senza genitori e in un contesto di prostituzione minorile (qui purtroppo impersonata dalla giovane Aina), traffico e consumo di droghe, Kato e i suoi amici rappresentano la speranza in un paese in cui, ai dispetti della natura, si aggiungono conflitti e tensioni politiche.

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E il fiume? Il fiume è il luogo dove Kato guarda l’orizzonte – «l’acqua ti portava via tutti i pensieri» – e, dunque, al futuro. Un futuro fatto di tamburi, kora, chitarra e fuochi accesi e dove la musica regala gioia e pianti. E tutto intorno odora di mango, papaya e pompelmo.

Il fiume è un campo di pallone

Antonio Ferrara, Bacchilega Junior, 2016
Età: dagli 11 anni

RISPARMI 2,50 €
Il fiume è un campo di pallone
  • Ferrara, Antonio (Autore)
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