Mi trovo oggi, per la prima volta, a recensire un graphich novel, intitolato “La voce delle cose”, opera della giovane e talentuosa Cecile Bidault. Il libro ha vinto il prestigioso premio Artemisia, assegnato ogni anno in Francia dall’Association Artémisia al migliore graphic novelracconto a fumetti autoconclusivo o inserito in un ciclo compiuto. creato da una donna. Nel 2020 il premio è stato vinto dall’italiana Barbara Baldi, con il suo Ada.
“L’ecorce des choses”, questo il titolo originale del libro, è stato pubblicato in Italia nell’ottobre del 2018 (la traduzione è di Laura Scarpa), grazie all’associazione culturale Comicout. Tra l’altro, navigando nel sito di Comicout, mi sono imbattuta in molti titoli interessanti e uno in particolare ha attratto la mia attenzione “Il questionario di Proust”. Mi sono promessa di acquistarlo.
La tematica trattata da “La voce delle cose” è quella del linguaggio dei segni, inventato nel 1760 dall’Abate Charles Michel de l’Epée. Il linguaggio dei segni rappresenta un’innovazione straordinaria, ma, nel 1880, ne viene vietato l’uso, in quanto, durante un congresso di specialisti sulla sordità, tenutosi a Milano, si sancisce la superiorità del linguaggio verbale. Questo divieto, in vigore in Francia fino al 1976, costringe le famiglie ad utilizzare il linguaggio dei segni in maniera clandestina.
La protagonista di questo poetico e delicato grafich novel di Cecile Bidault è una bambina sorda
A scandire il fluire della narrazione, fatta solo di immagini intime e calde, eccetto qualche breve frase all’inizio del libro, è il succedersi delle stagioni.
È estate, la piccola ha nove anni e si trasferisce a vivere in una casa in campagna, insieme ai suoi genitori. Non avendo modo di comunicare con la sua mamma ed il suo papà, la bambina “senza voce” vive nel suo mondo, fatto di isolamento e di silenzio. Trova casualmente una radio in soffitta, ma, lo sconforto la assale, non può sentirla!
La bambina immagina mondi fantastici: la fantasia, fortunatamente, non può essere ostacolata dal non riuscire a sentire o a parlare, la fantasia ha sede nella fervida mente di tutti i bambini!
Arriva l’autunno, la bambina trova in un cassetto di un vecchio mobile un libro sulla cui copertina(o prima di copertina): la facciata di presentazione del libro, in cui compare un’illustrazione, il titolo e generalmente il nome c’è scritto “Plongée. Apprendre les signes de plongée”; si tratta di un libro per imparare il linguaggio usato dai subacquei per comunicare sott’acqua, un linguaggio muto.
La piccola capisce subito che imparare quel linguaggio non verbale rappresenta per lei l’occasione per uscire dal silenzio. Per questo si impegna a provare questo modo di comunicare e, gradualmente, inizia ad uscire dalla sua condizione di isolamento. Da questo momento in poi, la protagonista della storia vive “sott’acqua”, ma, nel suo mondo acquatico, non è più sola, c’è un amico, un bimbo con i capelli neri e lo sguardo dolce.
Il bambino e la bambina costruiscono un rifugio, nella soffitta, come tutti i bambini amano fare, e all’interno della loro tana, inventano storie, narrazioni fatte di sorrisi raccontate grazie ai segni. Se si vuole bene ad un’amica si può anche imparare un nuovo modo di comunicare!
Arriva la primavera e un alluvione mette seriamente in pericolo la vita della bambina e della sua famiglia, lei e la sua mamma si rifugiano sul tetto per salvarsi, fortunatamente l’epilogo è a lieto fine.
Questo racconto mi ha emozionata.
Ho avuto modo di lavorare con bambini con sordità lievi ed ho imparato a comprendere un po’ il loro sentire. La protagonista di questo graphic novel mi ha toccato il cuore e trovo davvero lodevole la scelta di questa tematica per un libro destinato anche ai ragazzi, oltre che agli adulti.
Le illustrazioni, delicate ed intrise di dolcezza, sono il mezzo migliore da utilizzare per parlare di una bambina “senza voce”, una bambina il cui mondo è popolato da elementi visuali e da sensazioni tattili ed olfattive.
La bambina si sdraia nella neve, il freddo pervade il suo corpo, il candore invade i suoi occhi, la sensazione è quella di essere su un soffice materasso. Non può sentire la piccina, né parlare, ma tuffarsi nella neve dona a tutti la stessa sensazione. La piccina “sente”, in altri modi, ma “sente”.
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