Storia di una ragazza e del suo apparecchio fisso

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Tra pochi giorni uscirà in libreria il secondo racconto a fumetti di Raina Telgemeier pubblicato da Il Castoro: Sorelle, una graphic novel che in America ha già ricevuto ottimi riconoscimenti e che conferma il valore di questa brillante autrice considerata uno tra i migliori talenti del nuovo fumetto americano.

Ma in attesa di leggere e raccontarvi Sorelle, faccio un passo indietro e mi soffermo sul bestseller di Raina, Smile, graphic novel ironico e dolceamaro che ha ottenuto uno straordinario successo (Eisner Award 2011 – “Miglior pubblicazione per adolescenti”) e ha contribuito a renderla nota a livello internazionale.

copertina di Smile con apparecchio fisso

La storia di Raina

Be’, pur essendo una frequentatrice saltuaria di fumetti, non mi ci è voluto molto per capire la forza di Smile: viene automatico identificarsi con la storia di questa simpatica e un po’ goffa adolescente che, per una banale caduta, si ritrova con gli incisivi rotti e con la prospettiva di doversi sottoporre a lunghe e dolorose sedute dal dentista e, soprattutto, a portare per un tempo indefinito tremendi e antiestetici apparecchi per i denti.

E questo dramma le capita proprio durante il delicatissimo periodo della scuola media, che già di per sé è foriero di sconvolgimenti e turbamenti.

Quando parlo di identificazione non voglio certo dire che tutti i ragazzini della sua età abbiano vissuto una esperienza del genere, ma che senz’altro molti di loro sappiano cosa significhi confrontarsi con la vergogna, il senso di inadeguatezza, la paura di non piacere, di non essere all’altezza, di essere giudicato brutto e sbeffeggiato eccetera.

raina si guarda allo specchio

Un particolare saliente: la protagonista di Smile, ovvero la ragazza che si spezza i denti davanti, è Raina, l’autrice del libro. Abbiamo quindi a che fare con un racconto fortemente autobiografico (e per questo ancora più credibile ed emotivamente coinvolgente):

ritratto di Raina

Ho cominciato a raccontare la mia disavventura con i denti fin da quando me li sono rotti in prima media. È una storia piena di risvolti curiosi e mi sono ritrovata spesso a dire: “Ma non c’è proprio fine al peggio!”.

Smile

Raina Telgemeier, Traduzione di Laura Bortoluzzi, Il Castoro, 2014
Età di lettura consigliata: dagli 11 anni

Raina non ha mai goduto di una bocca perfetta (come la capisco!) e sin dalla prima pagina la vediamo in uno studio dentistico. Dovrà presto mettersi l’apparecchio fisso per via di una malocclusione. L’idea non le piace per niente, ma visto che non è né la prima né l’ultima tra i suoi amici, se ne fa una ragione.

Non fa in tempo ad abituarsi all’idea che… WHAM! durante una gara di corsa con alcune sue coetanee inciampa e crolla a terra, sbattendo violentemente il viso. Niente di rotto, sembra. E invece la pozza di sangue a terra e una sensazione strana in bocca le preannunciano che è rimasta senza incisivi!
Uno dei due denti viene recuperato per strada, l’altro, si scoprirà più avanti, si è conficcato nella gengiva.

Raina cade e sbatte i denti

Qui hanno inizio le disavventure di Raina: la concitata corsa in macchina dal dentista, gli antidolorifici, la spossatezza, il gesso in bocca, il ritorno a scuola dopo una settimana di malattia, la curiosità dei compagni, le difficoltà a parlare correttamente (“Correvo… e fono caduta. Mi fono rotta gli incisivi”), il senso di nausea, l’incontro con i medici specialisti, la consapevolezza di dover affrontare tanti interventi e dover rimanere con dei buchi nella bocca per tanto tempo.

E, nel mezzo, la vita di un’adolescente come tante: il suo compleanno, la voglia di sentirsi grande, di conoscere i ragazzi, le nuove materie, il tipo a cui piace e che, forse, piace anche a lei, il rapporto con i genitori e con i fratelli, un altro ragazzo che le fa battere il cuore ma a cui lei non interessa, le amiche che le sembrano sempre più lontane.

Raina, malgrado tutto quello che le capita, è divertente, tenera, schietta. Leggendo il racconto si avverte l’angoscia che prova, ma anche la sua ironia e il suo carattere semplice, spontaneo, non costruito. È una bambina che a poco a poco matura conservando la sua ingenuità e la sua personalità. Rimane se stessa in una fase in cui tanti ragazzi e ragazze, vittime dei condizionamenti esterni, cominciano invece a comportarsi in modo diverso, ad assumere atteggiamenti stereotipati, a fingersi già uomini e donne.

Raina e i dentoni

Passano gli anni, le estati, finisce la scuola media… Raina cresce ma ha ancora a che fare con i suoi poveri denti. La seguiamo nell’arco di questo frangente spinti anche dalla curiosità di vederla finalmente sorridere contenta. E riuscirà a farlo, ve lo assicuro.

Apparecchio fisso e baffo: perché proprio a me?

Ora vi svelo un altro particolare saliente, ma personale: ho messo per la prima volta l’apparecchio mobile a 7 anni. Lo odiavo e per questo lo tenevo solo a casa. Odiavo l’odore, la sensazione disgustosa che mi rimaneva in bocca quando lo sfilavo. A 12 anni, non si sa per quale motivo, avevo ancora i canini da latte. Mentre gli altri denti erano diventati forti e grandi, i canini rimanevano gli stessi che avevo da bambina, piccini piccini, ma tenaci e fermi al loro posto. L’idea che un giorno o l’altro sarebbero caduti, lasciandomi sdentata, non mi faceva dormire la notte.

A 13 anni il dentista (quello bravo, e non quello farlocco che mi ha seguito alle elementari) mi ha detto: “Dovrai portare l’apparecchio fisso”; me lo aspettavo, ero preparata, ma non era tutto… “prima però dovrai mettere il baffo“.

Sapete cos’è il baffo???

il baffo

“Lo dovrai tenere tutto il giorno perché dobbiamo allargare il palato, e poi sarai sottoposta a una disinclusione dei canini, ovvero un’operazione chirurgica che ci consentirà di sbloccare i tuoi canini definitivi, che sono rimasti nel palato, di ancorarli a dei tiranti posizionati su un apparecchio fisso e farli scendere pian piano fino alle gengive. In questo modo, finalmente, potremo estrarre i canini da latte”.

Raina porta il baffo

TRA-GE-DIA!

Avrei dovuto passare almeno 3 anni (dai 12 ai 15!) tra baffo, operazioni chirurgiche, buchi fra le gengive e apparecchio fisso.
Per me è stato un trauma vero. Mi sono sentita male e non ho avuto il coraggio di farlo. In piena adolescenza non ce l’ho fatta. Raina è stata costretta dalle circostanze. Io no, i miei genitori mi hanno dato la facoltà di scegliere. E io ho scelto di aspettare.

Sono rimasta con i miei canini da latte (che hanno resistito!) fino a 30 anni, quando ho deciso di mia iniziativa di sottopormi a quel trattamento e di mettere l’apparecchio fisso.

Ho tolto la macchinetta pochi giorni prima del mio matrimonio e, come in tutte le fiabe dal lieto fine che si rispettino, il mio album di nozze è pieno di sorrisi.

Io sposa

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