Interviste

Fiabe classiche: ecco perché dovremmo leggerle ai bambini

Quali sono le caratteristiche che rendono le fiabe classiche così amate nel corso dei secoli? Perché faremmo bene a leggere e narrare senza timori fiabe anche dure e crudeli ai nostri bambini? Perché molti adulti, invece, propongono versioni edulcorate delle fiabe antiche? Lo abbiamo chiesto ad Antonella Bastone*, pedagogista e formatrice che ha dedicato studi e ricerche approfondite su questi argomenti.

Antonella Bastone, pedagogista e formatrice

Ciao Antonella, cosa ti affascina in particolare delle fiabe classiche? Perché le ritieni importanti dal punto di vista pedagogico?

Di certo le fiabe classiche non sono mai mancate nella mia infanzia. Ma in età adulta ho avuto modo di ripensarci, a partire proprio dal mio lavoro di formatrice: mi sono accorta che molto spesso in aula, scomodavo personaggi, metafore e trame delle fiabe per spiegare e trasmettere con maggiore chiarezza concetti ed esperienze. Ho capito che le fiabe, antiche e moderne, avevano ancora molto da insegnare, anche agli adulti, soprattutto all’uomo moderno, perché i motivi che comunemente popolano la fiaba scaturiscono dalla nostra realtà quotidiana, spesso riproducono le tappe fondamentali dello sviluppo umano in cui il singolo lettore può riconoscersi, sollecitando riflessioni, identificazioni, revisioni. È nato così il libro “Le fiabe raccontate agli adulti. Storie di ieri e di oggi per la formazione che è stato premiato nel 2015 da L’Espresso come miglior saggio del concorso “Il mio esordio”, nella sezione formazione e lavoro, confermando così che le mie intuizioni avevano un valore condivisibile.

Dal punto di vista pedagogico, la fiaba, e più in generale l’atto del narrare storie, sollecita apprendimenti fondamentali, a livello linguistico, cognitivo, affettivo, insomma per lo sviluppo integrale della personalità, come molti autori hanno rilevato. Ma l’acquisizione più importante è, a mio avviso, a livello di relazione: oggi si parla tanto del tempo come risorsa problematica, c’è chi ha poco tempo, chi ne ha troppo e non sa come spenderlo, chi non lo utilizza come vorrebbe. La narrazione costringe a valorizzare la categoria tempo: la storia ascoltata e ricevuta, narrata o donata è un tempo pieno e denso di significati, perché non è pensabile se non attraverso la relazione, con l’altro o con se stessi. Quando si dedica un tempo autentico di lettura al bambino, dobbiamo sospendere ogni altra attività, per narrare con partecipazione la storia, per condividere l’attenzione e il significato di ciò che si narra, per comprendersi. Raramente abbiamo un tempo così ricco a livello relazionale e affettivo.

Quando è consigliabile leggere o raccontare le fiabe della tradizione classica ai bambini? A che età si può cominciare?

Dal mio punto di vista, da subito e sempre, non esistono date di prescrizione o di scadenza sulle fiabe. Certo, i libri per bambini attualmente in commercio fanno delle semplificazioni soprattutto per adattarsi al livello di comprensione sintattica e lessicale del bambino: molte delle fiabe che conosciamo (ad esempio, Pinocchio, Peter Pan) sono in realtà dei romanzi che ovviamente richiedono una revisione per essere fruiti da un pubblico molto giovane.
Su questo punto, sono d’accordo con Bettelheim: non possiamo sapere a quale età o in quale momento della vita una particolare fiaba può essere importante: è il bambino (o l’adulto) che ci fa capire quando una fiaba è interessante e formativa per lui, chiedendoci magari di leggerla ripetutamente, perché quella trama non ha ancora esaurito il suo potenziale formativo, possiede ancora delle implicazioni che lo riguardano e che ha bisogno di ascoltare. Poi magari verrà abbandonata e sarà il turno di un’altra storia.
Con quali fiabe cominciare? Quali sono le fiabe irrinunciabili per un bambino?

Credo che il punto di partenza sia innanzitutto dare al bambino la possibilità di ascoltare molte storie, di scegliere verso cosa orientarsi. Anche dal punto di vista dell’ambiente fisico: avere nella propria stanza o in un’area della casa un “angolo lettura”, all’altezza e alla portata del bambino, fin da quando inizia a muoversi autonomamente, o in alternativa portarlo regolarmente nei luoghi dove la lettura di storie possa essere educata gradualmente (biblioteche, librerie, ludoteche); consente di creare una buona e piacevole abitudine a cui ci si affeziona. Come dicevo prima, ogni bambino ha le sue storie preferite che gli risultano, per molti motivi, più comunicative di altre. Pertanto, più che di fiabe irrinunciabili, si potrebbe parlare di fiabe che in genere piacciono molto ai bambini: Cappuccetto Rosso, Biancaneve, I tre porcellini, Cenerentola, Hansel e Gretel sono tra le fiabe più amate perché presentano un mix di ingredienti, una circolarità e una completezza formativa che appagano l’aspettativa del bambino.

Quali sono le caratteristiche che rendono le fiabe classiche così amate dai bambini nel corso dei secoli?

Le fiabe parlano un linguaggio universale, capace di arrivare ad ogni destinatario, indipendentemente dall’età, dall’appartenenza sociale o dal livello culturale. Nel mondo delle fiabe accadono avvenimenti straordinari, come animali che parlano, oggetti animati, condizioni magiche e prodigiose, calati però in situazioni consuete e note. Ci parlano in realtà delle grandi tappe dell’esistenza umana, dei passaggi inevitabili e critici della vita individuale e familiare. Ma soprattutto le fiabe offrono anche soluzioni, ci mostrano che tutti gli ostacoli possono essere superati e che le avversità sono spesso necessarie per crescere. Questo messaggio arriva con profondità anche al bambino.

Alcune fiabe classiche hanno contenuti cruenti e paurosi… è consigliabile leggerle comunque ai bambini o sono preferibili le versioni edulcorate?

Molti adulti pensano che al bambino dovrebbero essere presentate solo immagini piacevoli e che dovrebbe essere esposto solo il lato buono delle cose. Oggi prevale in generale un atteggiamento eccessivamente protettivo nei confronti dell’infanzia, teso a tutelare forzatamente il bambino dalle esperienze spiacevoli di insuccesso, di errore, di frustrazione. Ma la vita non è così… Le fiabe pongono il bambino onestamente di fronte ai principali problemi umani: il male è presente come la virtù, tutti gli esseri umani possono agire in modo aggressivo, asociale, egoistico, spinti dall’ira e dall’angoscia. Le fiabe consentono quindi al bambino di entrare in contatto autenticamente con la globalità dei comportamenti umani, ma anche di dare voce alle proprie emozioni sgradevoli. I personaggi negativi delle fiabe sono rappresentazioni simboliche di emozioni spiacevoli che il bambino può nutrire: anche il bambino è mosso da paura, rabbia, frustrazione, gelosia, ma non è in grado di verbalizzare questi vissuti. Le fiabe sono quindi anche il luogo in cui trovare un contenimento o una sperimentazione protetta delle nostre emozioni. Inoltre, in genere i comportamenti antisociali nelle fiabe sono puniti e ai bambini piace molto vedere ristabilito l’ordine di giustizia. Ovviamente, l’adulto deve sentirsi a proprio agio nel raccontare una storia che presenti anche aspetti più paurosi o cruenti, altrimenti rischia di trasmettere al bambino un’ambiguità di fondo.


Quali sono le tue fiabe preferite e perché?

Ne cito due, che sono in realtà racconti più elaborati di una fiaba tradizionale: Alice nel paese delle meraviglie e Il mago di Oz. Sono storie a cui sono affezionata fin dall’infanzia, per cui forse è un po’ difficile rintracciarne le motivazioni. Probabilmente l’elemento comune è la trama un po’ insolita rispetto alle fiabe tradizionali: due protagoniste femminili come eroine che intraprendono un’avventura formativa, dimostrando intraprendenza, coraggio e indipendenza.

Fiabe della tradizione VS fiabe moderne: quali sono le differenze principali e quali i punti in comune?

Le fiabe che conosciamo come tradizionali (Grimm, Le mille e una notte, la raccolta di Calvino…) non sono nate in realtà per un pubblico infantile, ma come racconti trasmessi inizialmente in forma orale dagli adulti, con l’intento di tramandare la tradizione e la cultura dei popoli. Le fiabe moderne nascono invece con un’attenzione particolare al pubblico infantile, forse con qualche preoccupazione in più sui contenuti e i messaggi evocati. Oggi compaiono temi nuovi o di rinnovato interesse (l’interculturalità, l’integrazione della diversità, l’ecologia, per esempio) che sono in realtà testimonianza dell’universale e imprescindibile funzione della fiaba: comunicare messaggi rilevanti (per quel popolo, in quel frangente storico) attraverso la metafora e il linguaggio simbolico.

Sei contraria o favorevole alla rivisitazione delle fiabe classiche (finali diversi, semplificazioni, rovesciamenti, riscritture ecc.)?

Generalmente non amo le rivisitazioni delle fiabe classiche, perché conoscendo e apprezzando la versione originale, riscontro l’assenza di alcuni messaggi fondamentali e di una potenzialità formativa che le rivisitazioni o le versioni cinematografiche perdono. Un esempio tra tutti è la fiaba di Cenerentola: nella versione originale uno dei messaggi più importanti che emerge è il legame indissolubile con la mamma morta, che si presenta come il reale aiutante magico della protagonista.
Bisogna però riconoscere che alcune rivisitazioni hanno ottenuto un bel risultato: Frozen è vagamente ispirata a “La Regina delle nevi” di Andersen, ma è certamente un prodotto narrativo ben riuscito, dove si presenta un modello di leadership femminile, difficilmente immaginabile fino a qualche decennio fa…
E poi bisogna comunque riconoscere che i tentativi di rovesciare, modificare, rivedere le storie originali sono anche un bisogno spesso espresso dal bambino (o dall’adulto) che ha una grande legittimità: molti bambini chiedono, dopo la conclusione della fiaba, come possa andare avanti la storia, cosa faranno poi i personaggi dopo il “vissero felici e contenti”, o come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente. Sono richieste assolutamente legittime che fanno proseguire il gioco di finzione e danno voce alla creatività di ognuno di noi.


Meglio narrare la fiaba senza l’accompagnamento delle immagini o meglio leggere le fiabe e mostrare le illustrazioni? Qual è il tuo pensiero?

Si tratta di modalità di narrazione che semplicemente sollecitano processi diversi. Personalmente amo molto i libri illustrati, gli illustratori di libri per l’infanzia sono spesso dei veri e propri artisti. Le immagini guidano l’interpretazione del racconto, evocano più direttamente vissuti ed emozioni e sono di supporto al bambino più piccolo che potrebbe non cogliere immediatamente la trama. La storia narrata senza illustrazioni sollecita processi cognitivi ed immaginativi diversi. Ad ogni modo, l’importante è leggere…

*Antonella Bastone è pedagogista, si occupa di formazione, orientamento e ricerca in campo educativo e sociale, presso enti pubblici e privati. Seguitela sul suo sito: www.antonellabastone.it

Tulle le illustrazioni di questo post sono tratte dalle raccolte Le fiabe dei fratelli Grimm e Le fiabe di Hans Christian Andersen pubblicate da Taschen.

Francesca Tamberlani

Francesca Tamberlani è la fondatrice di Milkbook, sito dedicato ai temi dell'educazione alla lettura ai bambini sin dai primi mesi di vita e alla segnalazione di libri e app di qualità. Sociologa e giornalista, appassionata di letteratura per l'infanzia, realizza incontri e corsi rivolti a genitori, educatori, insegnanti e persone che amano i libri e i bambini.

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