Taifû ga Kuru, letteralmente Arriva il tifone, è un libro illustratoLibro accompagnato da un numero variabile di illustrazioni, che in alcuni casi fungono da semplice ornamento, abbellimento e decorazione delle Leggi del 2009 ed è l’opera prima di Akiko Miyakoshi, autrice ed illustratrice giapponese conosciuta in Italia solo di recente grazie agli (apprezzatissimi) albi La strada verso casa (Salani 2019), Una festa inaspettata (Salani 2021) e Il saggio di pianoforte (Nomos Bambini 2022); Kira Kira riscopre ora il suo albo d’esordio e ce lo propone con il titolo di Scacciatempesta.
Scacciatempesta
di Akiko Miyakoshi, traduzione di Roberta Tiberi, 32 pagine, euro 17,00, Kira Kira 2023 – lettura consigliata dai 4 anni
La scelta per il titolo italiano opera una piccola rivoluzione di prospettiva rispetto all’originale: l’accento infatti si sposta dall’innesco problematico del racconto (l’arrivo del tifone, appunto), al suo scioglimento risolutivo, un “evento” quest’ultimo che si rivelerà persino più potente del tifone stesso, almeno a livello immaginifico.
Il Giappone, come è noto, è un territorio particolarmente soggetto a violente tempeste tropicali, soprattutto durante la stagione estiva; quando questi eventi si verificano in quell’area del mondo, corrispondente alla regione del Pacifico asiatico, si classificano come “tifoni” (gli “uragani” invece interessano il Pacifico nord-orientale). I termini “tifone” e “tempesta” quindi, in qualche modo, si equivalgono, ma “scacciatifone” deve essere suonato decisamente meno bello!
La frequenza di tali tempeste e soprattutto la loro potenziale distruttività giustifica l’esistenza di precisi e diffusi protocolli preventivi (oltre che sempre più sofisticati sistemi di previsione metereologica). I giapponesi, insomma, sanno bene cosa fare in caso di tifone.
Miyakoshi ci racconta il venerdì di tempesta vissuto da un bambino senza nome, che ci parla in prima persona: all’annuncio del tifone in arrivo, lui e i compagni vengono subito mandati a casa da scuola. I suoi genitori poi, con gesti calmi ma decisi, propri di persone ben istruite sul da farsi, mettono in sicurezza i vasi del giardino, chiudono imposte e finestre e si barricano in casa. Pioggia e vento presto si scatenano, spaventosi. Ma per il nostro protagonista la rabbia e la frustrazione sono decisamente più forti di qualsiasi paura: per l’indomani infatti il programma della famiglia sarebbe stato quello di andare al mare; lo avevano stabilito da giorni, il bambino lo attendeva con trepidazione, aveva già preparato il necessario… ma come si può andare, con un tempaccio del genere?
Vedendomi così deluso mia madre dice:
– Se domani non possiamo,
andremo la prossima settimana. –
Ma io voglio andarci domani […]!
E poco prima:
Odio le tempeste.
È da tanto che aspettavo
di andare al mare.
[…]Uffa!
Se solo si potesse velocizzare il passaggio di questo tifone guastafeste. Se solo si possedesse un macchinario speciale, capace di respingerlo! Il desiderio del bambino è così forte, i suoi pensieri così insistentemente concentrati su di esso da canalizzare ogni sua energia immaginativa. E mentre scende il buio della notte, ecco apparire il sogno di “scacciatempesta”, di cui nulla vi rivelo se non l’approdo: il sipario (letterale e metaforico) si spalanca su di un azzurro-cielo così intenso e dirompente che sa già… di mare.
L’intero albo è illustrato a carboncino nero su foglio bianco (il disegno a carboncino è una cifra distintiva di questa artista), le uniche eccezioni sono i risguardiRisguardi di copertina, detti anche sguardie o risguardie: sono i primi fogli che troviamo aprendo il libro (quello di sinistra Leggi (tutta la storia sta tra un cielo che si oscura -risguardo iniziale- ed uno che schiarisce -risguardo finale-) e le ultimissime pagine. Qui entra in scena, come anticipavo, un azzurro inaspettato e che da solo racconta più di tante parole. Quando arriva il colore, non a caso, il testo scompare; non serve spiegare nulla, nel semplice sguardo abbiamo la risposta, lo scioglimento e la pacificazione.
Presenza leggera, mai citata ma così preziosa nell’economia del racconto visuale, è quella del bel gatto tigrato di casa, che fa da contraltare alle emozioni e alle posture del ragazzino protagonista lungo tutta la narrazione. È al gatto che l’autrice affida il congedo finale: se ne sta accoccolato sul davanzale di una finestra aperta sulla strada, dalla quale si vedono bene i segni lasciati dal tifone. Sembra tranquillo, forse si scalda, raduna le forze e si gode la quiete dopo la tempesta, mentre ciascuno, dentro e fuori, riprende la vita da dove l’aveva lasciata.