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Mezzacalzetta: dire addio a un oggetto transizionale

Impara ad illustrare e creare fiabe e racconti per bambini. [ADV]

Recensione di Rossana Cavallari

Le mie giornate si dividono tra gli impegni di lavoro e la gestione di una bambina di sei anni. Faccio quello che molti di noi fanno… organizzo, pianifico e cerco di far fronte agli imprevisti quando accadono.
Ma a farci compagnia nelle nostre lunghe giornate c’è sempre lei, Anita, una simpatica paperetta con il becco arancione e il cappellino verde.
Regalo di un’amica alla nascita della mia piccolina è diventata, per lei, il pupazzo preferito e per me l’incubo di non poterla dimenticare da nessuna parte.
A volte mi chiedo cosa accadrà il giorno in cui la mia “bebè” deciderà di essere diventata grande e si separerà dal suo oggetto transizionale.
Anita che fine farà?

La prima volta che abbiamo letto Mezzacalzetta di Benjamin Chaud* ci è immediatamente venuta in mente la nostra Anita… Avete voglia di conoscerla anche voi e magari di raccontarci che fine ha fatto il vostro gioco d’infanzia prediletto?
Noi siamo rimasti un po’ scioccati dal modo in cui il bambino protagonista si “libera” del suo coniglietto… Chissà se mia figlia prenderà mai un’iniziativa del genere o lascerà che la sua papera la veda crescere dagli scaffali della sua camera.

 

Mezzacalzetta dove sei?

Scritto e illustrato da Benjamin Chaud, traduzione a cura di Rita dalla Rosa, Edizioni Terre di Mezzo, 2016

copertina di Mezzacalzetta

Mezzacalzetta è un coniglio.
Bè non proprio un semplice coniglio, magari di campagna no… Mezzacalzetta è un coniglio bufalo a causa delle sue orecchie tanto grandi da non poter stare dritte come gli altri conigli.

Ce lo descrive il suo proprietario, un bambino biondo dai modi spicci.

Il coniglio è dolce, simpatico, morbido ma come compagno di giochi tutto sommato inutile. Soprattutto, non posso continuare ad avere un coniglio come migliore amico: non sono più un bimbo piccolo!

interni di Mezzacalzetta

Quindi che si fa? Senza alcun cruccio, decide di sbarazzarsene… ma come?
Abbandonandolo nel bosco senza che lui lo sappia, ovviamente, perché potrebbe rimanerci male anzi malissimo.
Mezzacalzetta è convinto di uscire per una passeggiata e quindi se la prende comoda… anche troppo a dire il vero!

Di solito andare nel bosco con Mezzacalzetta è divertente.
Corriamo, giochiamo, ci nascondiamo ma oggi è tutto molto diverso.
Oggi camminiamo e basta.
Poi finalmente arriviamo in una bella radura e decido che quello è il posto migliore dove poterlo lasciare.
Non che sia facile.

mezzacalzetta abbandonato

Abbandonare Mezzacalzetta è più difficile di quanto immaginassi:
questo coniglio è appiccicoso come la colla e sembra proprio deciso
a non staccarmisi di dosso.

E poi corro forte e cerco di non pensare a quello che ho fatto!
Ma alla fine ci ripenso e decido che no, è meglio tornare indietro.
Quando arrivo al punto in cui avevo lasciato, Mezzacalzetta non c’è più e allora mi spavento, inizio a pensare a cosa può essere successo, corro di nuovo, urlo il suo nome e poi compare una casetta.

Devo chiedere a chi ci abita
se hanno visto Mezzacalzetta.

Mi faccio coraggio busso, piano piano apro la porta e…

Che sciocco che sono stato ad abbandonare il mio coniglio. Per fortuna ho potuto rimediare al mio errore.

il bimbo protagonista con mezzacalzetta

Diventare grandi rimanendo piccoli dentro

Devo dire che questo albo mi è piaciuto in modo particolare come spesso accade quando leggo i libri di Benjamin Chaud.
Accompagna i bambini nel delicato passaggio in cui iniziano a diventare grandi, cosa non semplice in effetti, ma ci ricorda anche che lo possono fare senza per forza dover lasciare la spensieratezza dell’infanzia.
Anzi, al contrario, se riusciranno a diventare grandi rimanendo anche un po’ piccoli dentro, forse, potranno anche essere più felici, più sereni e magari anche adulti migliori.

Durante la lettura, però, un aspetto mi ha colpito in modo negativo ed è l’uso di un termine che io volutamente non ho riportato ma che mi ha fatto riflettere.
In un passaggio viene scritto: “Di solito durante le passeggiate facciamo gli imbecilli”.
Ho pensato che potesse essere stata una scelta errata di traduzione oppure una disattenzione ma ho trovato l’uso del termine poco adatto.
Non ne faccio una questione di moralismo.
So bene che i bambini sono bombardati ogni giorno dall’imbruttimento lessicale.
Ma forse è proprio per questo che avrei preferito non imbattermi nell’uso di questo aggettivo.
Io stessa cerco di prestare attenzione al linguaggio che uso a casa… e questo non significa che io sia perfetta.
Questa circostanza mi ha dato l’occasione per fare un gioco con mia figlia: ci siamo divertite in modo creativo a trovare dei sinonimi che più ci piacevano (sciocchi, furbetti, pazzi…) fino a che abbiamo stabilito che fosse “birboni” il termine per noi migliore.

Se volete maggiormente approfondire questo aspetto, potete leggere le riflessioni di Alessia Napolitano, che si è soffermata sulla scelta della parola “imbecille” anche se con toni forse più rigidi e che non mi appartengono, pur condividendo il principio.

*Benjamin Chaud è autore e illustratore di testi per l’infanzia francese.
È nato nel 1975 in un piccolo paese vicino alle Alpi.
Ha studiato arti applicate a Parigi e arti decorative a Strasburgo con Claude Le Pointe.
Ama le canzoni italiane e il tè.
Parla un po’ di ungherese e un po’ di giapponese.
Dopo aver vissuto a Marsiglia per qualche tempo oggi è Parigi il suo punto di riferimento professionale.

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