Il gioco in assoluto preferito da mia figlia è quello del facciamo finta che. Ogni volta che le propongo di giocare insieme a qualcosa, a sua scelta, lei corre in cameretta, si siede sul tappeto e, prendendo qualche pupazzetto in mano, comincia a far parlare i personaggi tra loro e a inventare storie.
A me il compito di interpretare, a seconda dell’ispirazione del momento, il ruolo della figlia, oppure della nonna, o del lupo cattivo, del principe… Lei di solito è la mamma, la principessa, la ballerina, la maestra, la dottoressa Peluche.
Così trascorriamo il tempo a dialogare, a immaginare complotti, imminenti disastri, litigi furibondi o pericoli scampati. E se la mamma è impegnata, Ilaria veste i panni di tutti gli attori contemporaneamente e dà vita a intrecci ancora più divertenti e fantasiosi. È molto gustoso sbirciarla durante queste recite improvvisate che sono un mix di sue esperienze dirette, frasi rubate ai grandi, vicende ascoltate nei libri che le leggiamo, parole nuove apprese a scuola.
Nella Grammatica della fantasia, Gianni Rodari ci ha consegnato tanti spunti e tecniche utili per stimolare l’immaginazione e imparare a creare storie fuori dagli schemi e dai luoghi comuni. Ci ha insegnato, per esempio, ad accostare parole apparentemente slegate tra loro, lontane, per creare nuovi rapporti e innescare eventi inaspettati. Ci ha dimostrato che il divertimento maggiore scaturisce dal pensare a situazioni buffe e sorprendenti, sensazionali, illogiche. Ci ha spiegato come si sbagliano le storie, come si rovesciano le fiabeuna forma antichissima di narrazione che ha origine da racconti orali che nascevano da esperienze popolari e da avvenimenti considerati Leggi e come si fa un’insalata di favoleracconto breve di tipo fantastico la cui origine risale all’autore greco Esopo (VI sec. a.C.), che descrive in maniera pungente Leggi. Ci ha ricordato che si possono usare gli elementi propri e ricorrenti di tutte le fiabeuna forma antichissima di narrazione che ha origine da racconti orali che nascevano da esperienze popolari e da avvenimenti considerati Leggi (le cosiddette “funzioni” individuate da Vladimir Propp), come se fossero note musicali da abbinare e mescolare a proprio piacimento per comporre infiniti racconti.
Scrive Rodari: “Una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni […]”.
Rifacendosi proprio a Rodari e al meccanismo delle carte di Propp, che contengono disegni e simboli fiabeschi in grado di attivare la costruzione senza fine di storie, Fabrizio Silei ha ideato un gioco che è una vera e propria macchina della fantasia: L’INVENTASTORIE, pubblicato da Fatatrac.
Visto il crescente interesse di mia figlia nei confronti delle storie e la sua naturale predisposizione alla chiacchiera ininterrotta, credo proprio che lo sfrutteremo al meglio.
Come funziona L’Inventastorie?
A prima vista, scrive l’autore, potrebbe sembrare un semplice puzzle di legno. In realtà è molto di più: si tratta di un gioco che consente di generare centinaia di situazioni narrative diverse partendo da sei personaggi rappresentati: un cavaliere, una donna dai capelli rossi, un uomo con la barba blu, un cane, un alieno, un ladro.
Come si gioca? Si dispongono i cubi sul tavolo, si chiamano i bambini, si parte da uno dei sei personaggi, si gira un cubo a caso e si cominciano a porre alcune domande narrative: Chi è questa figura? Da dove viene? Dove va? Cosa sta facendo?
Il disegno che di volta in volta appare sul cubo serve come stimolo visivo per far andare avanti il racconto prendendo risvolti sempre più imprevedibili.
Riporto una preziosa raccomandazione che l’autore ha lasciato sulla mia pagina Facebook e che amplifica le potenzialità del gioco: “Mi raccomando usatelo non solo oggettivamente ma spiegando ai bambini anche la dimensione metaforica dei simboli. Per capirsi, la donna con l’elmo da cavaliere può essere una testarda con la testa dura. Un personaggio con la borsetta metà razzo e metà borsetta, in una scuola è diventato Un personaggio che portava sempre con sé il desiderio di arrivare molto in alto. L’extraterrestre è anche la stranezza, e così via. Vedrete che diventa ancora più divertente!”.
Il risultato potrebbe essere una divertente storia collettiva, se il gioco viene usato con gruppi di bambini, o un originale racconto firmato da un unico autore. Silei suggerisce l’uso dell’Inventastorie nelle scuole, nelle biblioteche e nelle case con genitori e nonni che amano raccontare storie insieme ai loro bambini.
L’Inventastorie è costituito dal gioco dei cubi e da un libro che contiene, oltre alle istruzioni, quattro scanzonate storie d’esempio scritte da Fabrizio Silei ispirandosi alle figure rappresentate nel puzzle.
Sul sito dell’editore è riportato il concorso indetto da Fatatrac legato all’Inventastorie.
A Ritrovar le Storie
Annamaria Gozzi, Monica Morini, Daniela Iride Murgia, Edizioni Corsare, 2014
Età di lettura suggerita: a partire da 4 anni
C’è un bellissimo albo illustrato(picture book): un libro che usa parole, immagini e grafica per raccontare una storia. Non è semplicemente un libro che Leggi che è un inno al potere delle storie e alla loro forza salvifica. Si intitola “A Ritrovar le Storie“, è edito da Edizioni Corsare, e contiene anch’esso un gioco che aiuta grandi e piccoli a parlare, a ricordare, a esprimere le proprie emozioni e a condividere le proprie esperienze.
Un albo vellutato nei toni e nei modi, raffinato, dal sapore surreale, antico, che descrive un posto lontano nel tempo e nello spazio, il paese di Tarot, dove le parole sbiadirono e le bocche si fecero d’improvviso mute. Un bel giorno, sulla piazza di questo paese spento e silenzioso comparve un Saltimbanco con un’Oca sotto il braccio e alcune PAROLE scritte su dei cartelli che mostrava a chi incontrava.
PAROLE come bicicletta, so fare, paura, animali… Parole semplici, parole di vita, parole che riuscirono, a poco a poco, ad accendere ricordi nella mente degli abitanti del paese e a far riaffiorare episodi del passato. Parole che innescarono altre parole, il bisogno di comunicare le proprie sensazioni, la voglia di condividerle e di ritornare a parlare.
E così donne, bambini, uomini, ragazzi, vecchi ripresero finalmente a comunicare tra loro, a entrare in relazione, a scambiarsi confidenze, a raccontarsi. Insieme alle parole, nel paese di Tarot sbocciarono le domande, e le storie cominciarono ad allungarsi, a respirare, a riprendere colore.
Quando il Saltimbanco, una notte d’autunno, se ne andò, il paese era ormai risvegliato e pronto a esprimersi ancora, anche attraverso un gioco antico come il tempo, un Gioco dell’Oca che chiamava a raccontare.
E come un cerchio perfetto il libro si chiude con Il Gioco del paese di Tarot, la cui regola è una e semplice: per avanzare bisogna raccontare. Cosa? A ciascuna casella corrisponde una parola (ci sono anche tutte le parole portate dal Saltimbanco!) e a ogni parola è abbinata una domanda che aiuta a far partire il racconto (per esempio alla parola bicicletta sono abbinate le domande: Chi ti ha insegnato a stare in equilibrio? Hai mai avuto una bicicletta?).
Come nel caso dell’Inventastorie di Silei, anche in questo gioco dell’Oca speciale le domande fornite sono solo spunti per iniziare a parlare. Ad esse se ne possono aggiungere tante altre. Tutte quelle che ci vengono in mente.
>> Se amate i libri-giocoLibro che si basa sul gioco, che richiede l’intervento attivo del bambino, il quale è chiamato a fare, a interagire Leggi, ne trovate diversi in questi post.