Questa storia inizia sin dalla copertina(o prima di copertina): la facciata di presentazione del libro, in cui compare un’illustrazione, il titolo e generalmente il nome, non si toglie nemmeno una tavola al racconto; è il giorno della gita scolastica e in occasioni come queste, si sa, tutto diventa concitato.
Uno scuolabus spaziale sta caricando undici ragazzini e il loro insegnante, perfettamente equipaggiati per la destinazione che li aspetta e che campeggia in calce per ragguagliare noi lettori: oggi si va in gita… sulla Luna!
In fondo alla fila c’è il nostro protagonista, anche se di questo saremo certi solamente un po’ più avanti. Ha uno sguardo malinconico, non sembra condividere l’euforia dei compagni. Porta con sé qualcosa sotto il braccio.
Dopo aver già letto così tanto nella sola copertina, finalmente apriamo il libro: i risguardiRisguardi di copertina, detti anche sguardie o risguardie: sono i primi fogli che troviamo aprendo il libro (quello di sinistra color-autobus-spaziale fanno in qualche modo salire a bordo anche noi. Si parte!
Nel buio pesto e totale, interrotto solo dalle lucine delle stelle, ecco apparire lo spicchio della Luna, la nostra meta. Caschetti in testa, si scende e si inizia la visita.
Il piccolo astronauta segue i compagni restando sempre diversi passi indietro. Vediamo chiaramente ora ciò che si porta appresso: un blocco da disegno e dei pastelli colorati. Mentre il maestro si prodiga nell’accompagnare gli studenti ad esplorare monti, mari, crateri e solchi lunari, lui resta distante, distaccato fisicamente ed emotivamente; non sembra esserci nulla di interessante in quella landa desolata e monocromatica.
Alzando lo sguardo però trova il suo scopo, è la Terra! Una meravigliosa sfera colorata che interrompe tutta quella grigia monotonia. Il nostro protagonista non può fare a meno di sedersi e mettersi a riprodurla con i suoi colori. Non sappiamo se questi bambini abitino ancora il Pianeta Azzurro o se, così come la loro scuola, anche le loro case siano delle basi galleggianti nello spazio. La Terra è, ad ogni modo, irresistibile!
Che bellezza! Che sonno! Che terrore!
Nello spazio di qualche apertura, il ragazzino passa dalla contemplazione, al torpore (si saranno svegliati presto per andare in gita?) fino alla terribile consapevolezza di essere rimasto solo. Lo scuolabus è ancora visibile ma è troppo tardi; nessuno si è accorto della sua assenza e sono ripartiti senza di lui.
“Resta dove sei e aspetta!”, è questo il consiglio che danno ai bambini quando si perdono, giusto? Tanto vale rimettersi a sedere e a disegnare per calmare lo spirito e ingannare il tempo.
Nuovamente assorto nella sua attività, il bambino non si accorge degli occhietti curiosi che lo stanno osservando. Anche noi facciamo fatica a scorgerli, sembrano quasi delle rocce.
Ha inizio così la seconda parte del viaggio, quella più avvincente, dove il giovane umano incontra dei simpaticissimi alieni lunari, attratti da quei sette pastelli colorati così estranei al loro mondo (il grigio è l’unico pastello che viene snobbato, chissà perché…). Il colore è capace di scatenare nei buffi monocoli una gioiosa e incontenibile esaltazione per una possibilità fino ad allora sconosciuta.
È quasi un peccato veder comparire così presto l’autobus giallo all’orizzonte e il maestro scapicollarsi verso il suo alunno svagato. Il sollievo di ritrovarsi è grande, come ben sa chiunque si sia mai perso da bambino, e questo ci fa comunque contenti.
Si torna a casa quindi, non prima di una bella ramanzina per le rocce lunari imbrattate di colore: come sostenere il “Non sono stato io!” con il maestro? Da questa avventura il bambino ha però imparato molto, anche a rivalutare il pastello grigio. E se non si impara qualcosa, a che servono le gite scolastiche?
Con “Gita sulla Luna”, John Hare ci regala un’opera davvero gustosa in cui l’assenza totale della parola risulta coerente con la situazione inscenata: siamo nello spazio, chiusi nei nostri caschi e nelle nostre tutone da astronauti, il silenzio è sicuramente dominante.
Ciascuno può liberamente immaginare quali siano i suoni di questa storia, lasciando alla propria fantasia il compito di compensare ciò che l’esperienza comune non ci consente di conoscere.
Alla fine del libro, di fronte al cielo nero trapunto di stelle, si resta quasi sospesi nell’attesa di veder comparire la Luna, al suo prossimo sorgere, un po’ più colorata di come siamo abituati a vederla.
Babalibri propone questo libro dai 4 anni. Se un bambino avrà già sperimentato l’andare in gita con la sua scuola il godimento sarà ancora maggiore!
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