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Due bellissime storie per bambini che affrontano la morte

"Bertolt" e "In cielo, ma dove?" sono due nuovi albi illustrati che sanno esplorare il tema della morte con realismo e con narrazioni credibili a misura di bambini

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Una delle richieste più frequenti che mi capita di ricevere da quando curo questo blog e per motivi di lavoro o di puro piacere mi immergo nella produzione editoriale destinata all’infanzia, è quella di dare consigli su “libri per bambini che affrontano il tema della morte”.

La morte di un nonno, di un compagno a quattro zampe, di un parente… O la morte intesa nel suo senso più ampio e generale, come fatto ineludibile e naturale che tutti ci riguarda e tocca da vicino.

L’argomento ritorna più volte in queste pagine e oggi sono qui a parlarvi di due libri che, a mio parere, riescono ad attraversare questa tematica in modo convincente, senza scivolare nella retorica, edulcorare o tradire la verità, ma ricordando di tenere accesa la luce alla fine del tunnel, lasciando entrare nella mente e nel cuore dei bambini la speranza.

Bertolt e In cielo ma dove?

Iniziamo da Bertolt, di Jacques Goldstyn (trad. Gabriella Tonoli, LupoGuido, 2020), consigliato dall’editore dai 6 anni di età, albo illustrato che arriva dal Canada come un vento fresco che ci spettina i pensieri e le emozioni.

Ci racconta di Bertolt, appunto, che non è il minuscolo bambino visibile appena in copertina, bensì il nome dell’imponente quercia di cinquecento anni che lui frequenta da quando è piccolo e considera sua amica.

Bertolt

Come si può essere amici di un albero?

Per il ragazzino solitario, che è la voce narrante di questa storia, in realtà è un fatto molto semplice e naturale: significa arrampicarsi sui suoi rami senza paura, conoscerne ogni anfratto e centimetro di superficie, godersi la vista che sa regalare dalla sua poderosa altezza, incontrare creaturine deliziose e squillanti (uccellini, scoiattoli, cicale), potersi accoccolare e nascondere tra le sue fronde, osservare indisturbato (senza essere notato) anche ciò che succede dietro i cespugli, nei giardini privati, sui balconi dei palazzi…

Il bambino sul ramo della quercia
interni di Bertolt

Quando giunge la Primavera, il bambino si accorge però che il risveglio della Natura, così evidente e prorompente intorno a lui, non sfiora nemmeno il suo amico Bertolt. La quercia è completamente spoglia, scheletrita e spenta.

È morta.

Anche se rimane piantata lì, dritta e immobile. Anche se non te ne accorgi subito, come capita invece con un gatto o con un passerotto. Anche se non sai come comportarti, perché non puoi certo organizzare un funerale per un albero o depositare delicatamente il suo corpicino sottoterra.

Come ricordarlo? Come evitare che diventi legna da ardere o uno stuzzicadenti? Come rendergli omaggio? Come dirgli grazie per tutto quello che ha significato?

Lo sapremo andando avanti nella storia. Il finale è splendido, colorato e commovente. A misura di bambini, perché in piena sintonia con il loro modo di sentire e di agire. E con la loro intelligenza.

ps) E non pensate che sia un libro triste e lacrimoso. Tutt’altro! Si respira molta leggerezza fra le sue pagine chiare e luminose. Le illustrazioni a matita, così sottili e delicate, regalano inoltre punte di ironia irresistibili.

interni di Bertolt

Un altro bellissimo volume, appena pubblicato da Uovonero, che si confronta con il tema della morte è: In cielo, ma dove?, di Antonella Ossorio (illustrazioni di Antonio Ferrara, età suggerita: dai 6 anni).

In cielo ma dove

In questo caso al centro della narrazione ci sono due fratelli, Andrea, il maggiore di 12 anni, impegnato a giocare col pallone e a stabilire un record personale di palleggi, e Luca, di quattro anni, che lo interrompe con domande e assillanti richieste.

Sdraiato a terra accanto a loro spicca il corpo immobile e rigido di un passero: «Andreaaaaa! Andreaaaaa! Perché non si muove?» chiede Luca con insistenza e con l’innocenza propria della sua età.

passero morto

Ma il giovane, furioso per essere stato interrotto, non ha la pazienza e la voglia di mettersi a spiegare, stando attento a soppesare le parole o a essere delicato col fratellino. «Stupido, non vedi che è morto stecchito? […] Quanto sei scemo!»

Tra fratelli può andare così. Si può essere brutali e diretti. Soprattutto se si hanno parecchi anni di differenza. Il grande non sopporta le domande e l’ingenuità del piccolo, mentre il piccolo continua a chiedere, incalzando: Perché è morto stecchito? Fino a quando è morto? Chi l’ha detto che è fino a sempre?

i due fratelli litigano

Una caterva di domande e curiosità. A quattro anni si ha bisogno di capire, si vogliono risposte in grado di dissipare dubbi, si crede ciecamente in una qualche forma di giustizia che metta a posto le cose.

Andrea è stufo, va giù pesante, gli dice pure che l’uccellino esanime diventerà presto il pasto di qualche gatto; in fondo non c’è da stupirsi, anche loro per cena si sono abbuffati di pollo fritto, che è sempre un uccello morto.

Le illustrazioni di Ferrara sono spigolose e affilate come le frasi pronunciate dal maggiore. Cupe, malinconiche, insistono sui volti dei protagonisti e dai loro sguardi e posture si può ravvisare tensione e preoccupazione.

Interni di In cielo ma dove

Le parole e i gesti di Andrea sono duri, eppure non trovate che il dialogo tra fratelli sia estremamente realistico? Che poi, lo scopriremo poche righe avanti, il ragazzo ne ha di validi motivi per essere nervoso e sentirsi a disagio sull’argomento.

La sua aggressività viene spiegata. Alla domanda «Senti, ma morto stecchito è uguale a andato in cielo?» scopriamo che non è solo su un piccolo volatile deceduto che ci si sta interrogando. Andrea è addolorato per la prematura dipartita di uno zio carissimo, scomparso troppo presto.

Lo scambio tra i due prosegue fitto, animato, poi si sposta verso il ricordo dello zio Davide e finisce che ci scappa un sorriso al pensiero di com’era e della faccia che faceva in certi momenti.

La tensione si stempera, la rabbia sbollisce. Viene addirittura voglia di fare un gioco e provare a immaginare cosa possa succedere quando “si va in cielo”.

Perché ricordare chi ci ha lasciato, parlare di lui o di lei affettuosamente, raccontare com’era e cosa gli piaceva è il modo migliore per continuare a tenerlo in vita nel proprio cuore.

finalmente sorridono

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